Un giorno ero un po’ triste e sono andata a farmi un giro: appena salite le scale che portano fuori dalla stazione di Roma Ostiense mi imbatto in un banchetto di libri. Noto due donne indaffarate a sistemare libri che a primo sguardo sembrano usati. Mi fermo, naturalmente, come farebbe qualsiasi librofilo, a prescindere dallo stato d’animo.
In quel momento le due donne mi spiegano cos’è il bookcrossing: posso prendere un libro e portarlo via con me. A mia volta, posso lasciare qualcosa. Gratuitamente. Quello è stato un incontro fortunato in una giornata sfortunata: avevo davanti a Monica Maggi e Dona Amati, l’editore che avrebbe pubblicato il mio corto teatrale. Credo fosse il 2014, perché da quell’estate iniziai a raccontare in giro le poetesse dell’antichità e lo feci grazie a Dona. Da quel momento non mi sono mai fermata, neppure durante il Covid19, con le lezioni online per le scuole.
A lei non devo solo questo, ma anche la mia prima mia prefazione per un’edizione Fusibilia Libri: il monologo in versi di Simone Di Biasio Partita – Penelope sembrava perfetto per me.
Partita, Simone Di Biasio, Fusibilia Libri (2016)
Il libricino regala un finale alternativo alla nota attesa ventennale di Penelope. E se al suo ritorno Ulisse non l’avesse ritrovata? Se anche la sposa perfetta avesse avuto voglia di essere libera e conoscere il mondo?
Un estratto dalla mia prefazione, “Questioni di Ero(t)ismo Contemporaneo”:
Non serve aver letto l’intero ciclo omerico per conoscere la storia di Odisseo e Penelope, non serve avere una laurea specifica per comprenderne il significato. Che siano esistiti veramente oppure no, che abbiano regnato realmente sull’isola di Itaca, che siano stati coinvolti in una – successivamente romanzata – guerra di Troia, non ci è dato saperlo. Quello che sappiamo con certezza, però, è che questo mitologico rapporto ha messo radici nell’immaginario umano, elevandosi come una quercia indistruttibile e resistente alle calamità del tempo, divenendo paradigma – non così positivo – del rapporto tra uomo e donna, come tanti altri exempla tratti dallo stesso conosciutissimo epos. Per questo motivo parlare di Penelope nel XXI secolo significa dover fare i conti prima di tutto con una serie di stratificazioni ideologiche. Poiché, nonostante l’Odissea le abbia regalato una fama imperitura, il personaggio è vittima di una serie di cristallizzazioni accumulatesi di generazione in generazione. […] Nel rispetto dell’acclamata tradizione precedente, Simone di Biasio fa un passo in avanti, offrendo la parola d’amore a chi nel ciclo d’appartenenza non aveva avuto l’opportunità di aprire il proprio cuore, nella fattispecie gli eroi omerici. […] Penelope è partita, ha abbandonato la gabbia angusta di cui fu schiava per un ventennio: l’onta dei numerosi tradimenti, legittimati da una mentalità ingiusta, è stata vendicata, l’offesa è stata ripagata.
Il blu e il rosso, Barbara Gabriella Renzi e Chiara Rantini
L’erudita (2021)
La prefazione de Il blu e il rosso, invece, nasce da altre sinergie: quelle create da Culturamente.it. Barbara Gabriella è stata una redattrice del sito e quando ha pubblicato questo libro mi ha chiesto se potevo scrivere io la prefazione. Ovviamente mi sono buttata anima e corpo nell’impresa: ho letto la silloge in un giorno e ho tirato fuori la mia prefazione.
Un estratto della mia prefazione, “L’abbraccio dicotomico”:
Il Blu e il Rosso è una silloge poetica dominata dalla dicotomia, e non solo per i colori a contrasto del titolo. Due sono le penne autrici, quella di Barbara Gabriella Renzi e Chiara Rantini, e due sono anche le dimensioni in cui si muove la suggestione poetica, oltre il concetto del colore freddo e di quello caldo, comunemente associabili a emozioni contrastanti. Tra freddezza e calore si muovono gli stati d’animo: malinconia e speranza. Ma non solo. La duplicità risiede anche nel racconto poetico dell’esperienza, che ondeggia tra la dimensione umana e quella naturale. Il paesaggio è lirico, tra mari e boschi, treni e cieli, e accoglie la narrazione non solo come ambiente, ma anche come metafora di sentimento. Ecco quindi che ci si specchia “nel lago dell’anima”, che sopraggiunge un “pensiero di sabbia, che la foresta viene addirittura antropomorfizzata per “sussurrare casta” i sogni; un ricordo d’infanzia si adagia sul “tappeto del vento” e un’isola è “alata in colonne di basalto”. C’è un pizzico di magia: ma il trucco non c’è. È “polvere di pioppo” a far risorgere il verde, non servono le fate per l’arrivo di una “Effimera primavera”: l’incanto è tutto intorno a noi. Il mondo naturale e animale diventano strumento per raccontare l’animo umano e, l’animo umano, a sua volta, si rispecchia in ciò che vede al di fuori di sé.